Intervista a Kabir Bedi: a tu per tu con la Tigre della Malesia

Il 6 gennaio 1976 andò in onda sulla Rai, la prima puntata dello sceneggiato Sandokan di Sergio Sollima ispirato ai libri di Emilio Salgàri. Protagonista un attore indiano di nome Kabir Bedi, che riportò in auge i racconti nati dalla fantasia dello scrittore veronese, che diede vita sullo schermo al pirata Sandokan, l’intrepida Tigre della Malesia che Salgàri creò nel lontano 1883. Non so quante volte ho rivisto quella serie di quell’attore bellone, dagli occhi grandi che mi piaceva un sacco, un mito in quegli anni per me e per tante mie amiche. E oggi, a distanza di anni, ho avuto la fortuna di incontrarlo in occasione della promozione del suo libro “Storie che vi devo raccontare. La mia avventura umana” edito da Mondadori: un’autobiografia tremendamente sincera, dove l’attore racconta come il ruolo di Tigre di Monpracem abbia cambiato la sua vita, dei primi passi nel mondo dello spettacolo, dei suoi grandi amori tormentati, delle tragedie che l’hanno colpito, del sapore spesso amaro del successo. E di come si dedica, come ambasciatore della Onlus Care & Share Italia, a opere di beneficenza per i bambini poveri del suo paese.

Perché ha deciso di scrivere la sua autobiografia?
Sono molto famoso ma nessuno conosce la mia vera storia. La mia vita è stata costellata da grandi successi ma anche da terribili tragedie, amori importanti e lutti devastanti, avvenimenti coinvolgenti ed errori emotivi. È stato facile scrivere dei miei successi: “Sandokan” e tutte le mie serie tv in Italia, personaggi eclatanti come nel film di James Bond “Octopussy” e in quella americana “Beautiful”. Ma è stato molto difficile scrivere delle situazioni che mi ha creato un grande dolore: la rottura delle mie relazioni, il suicidio del mio amato figlio Siddharth di 25 anni, la mia condanna per bancarotta fraudolenta a Hollywood. Ho dovuto rivivere quelle situazioni e riprovare nuovamente un forte dolore. Tante persone sono rimaste sconvolte dal mio modo così crudo, ma sincero, di descrivere certe situazioni della mia vita nel mio libro. Dovevo far uscire tutte le mie angosce, il mio dolore, non potevo tenerle dentro di me, ma era importante raccontare al mondo il mio incredibile viaggio da Bollywood all’Italia e Hollywood, e le mie avventure lungo il mio percorso di vita.
Partiamo dall’inizio, dall’indimenticabile scoop che ha dato il via alla sua carriera….il 7 luglio 1966 lei intervista i Beatles…in quegli anni lei lavorava in radio: quanto ha sofferto per il fatto che la sua intervista venne cancellata dal nastro?
Riesci a immaginare come si sente un reporter radiofonico di 20 anni che viene scelto come unico giornalista sopra tutti gli altri in India ad ottenere un’intervista esclusiva con i Beatles? Quando sono entrato nella suite dell’hotel ero elettrizzato, mi sembrava di camminare nell’aria, di volare. Era il 7 luglio del ’66. Lo ricordo ancora come fosse ora. Lavoravo per All India Radio a Delhi. Sono sempre stato un grande fan del gruppo. Quando entrai dalla porta della suite d’albergo me li ritrovai davanti tutti e quattro. Li intervistati uno a uno; nel libro racconto la mia conversazione con John Lennon sugli abusi di droga e alcool. L’intervista è diventata un punto di svolta nella mia vita. Purtroppo dopo una trasmissione, la stazione radio registrò sopra il mio nastro, non avendo soldi per comprare nuove audiocassette, cancellando così la mia intervista. Rimasi sconvolto e mi arrabbiai moltissimo tanto che lasciai la città di Nuova Delhi e l’India, e mi trasferii a Bollywood per iniziare una nuova vita.
Come è stata la prima volta che è venuto in Italia?
La prima volta capitai a Roma per i provini di Sandokan. Sono rimasto sbigottito dalla bellezza dei suoi monumenti storici, dal cibo fantastico e dal calore degli italiani. Ogni giorno camminavo per chilometri per le strade del centro storico della capitale, ammirando la meraviglia delle sue chiese, dei negozi e dei caratteristici caffè. Ma la mia avventura reale in Italia è iniziata con il grande successo di Sandokan nel 1976. Le strade di tutta Italia erano semivuote quando fu trasmessa la serie tv per la prima volta. Fui chiamato “il nuovo Rodolfo Valentino” o “il nuovo Errol Flynn”, ricordavo le megastar romantiche e d’azione di Hollywood di quei tempi. È stato un successo che ogni attore sogna. Come un giovane indiano sia diventato una star in Italia è di per sé una storia incredibile. È uno dei miei capitoli più emozionanti.

Uno dei capitoli più divertenti del libro è dedicato ai suoi incontri romani con Federico Fellini, o con Gina Lollobrigida, causa di un increscioso “incidente diplomatico” con l’allora fidanzata Parveen Babi… ci racconta?
Sì, ho avuto un incontro straordinario con Fellini. L’incontro con Gina è stato molto emozionante, ma alla fine molto tragico. Non dico niente altro perché le persone devono scoprire il meglio leggendo il mio libro.
Qual’è stata la scintilla che ha fatto scattare la sua passione per la recitazione?
Una commedia che ho visto quando avevo sette anni con uno dei più grandi attori teatrali indiani, Prithviraj Kapoor, uno dei pionieri del cinema indiano. Fu una grandissima esibizione che mi ha lasciato un ricordo indelebile, unico. Così poi, ogni volta che mi è capitato l’occasione nella vita ho sempre recitato: a scuola fino all’università l’ho fatto per divertimento.
Da bambino, come amichetti, aveva i figli di Indira Gandhi: Rajiv e Sanjay. A cosa giocavate?
Rajiv e Sanjay erano i nipoti del primo primo ministro indiano, Nehru. Successivamente, la loro madre Indira Gandhi allora divenne il primo ministro indiano. Rajiv sposò una ragazza italiana, Sonia Maino, prima di diventare il sesto primo ministro indiano. Dopo il suo assassinio, Sonia divenne capo del suo partito politico, rimanendo fino ad oggi. Da bambini giocavamo molto con i trenini elettrici, andavamo a cavallo ed eravamo sempre insieme. Nessuno di noi si sarebbe immaginato il destino che li attendeva.
Il vero anno della svolta fu il 1974, quando girò “Sandokan”. Com’è stato entrare nel mondo di Salgari?
Salgari ha scritto le sue incredibili avventure in terre lontane senza aver mai lasciato l’Italia. Ogni scolaro in Italia ha letto la storia di Sandokan. Ma nessuna traduzione dei suoi libri era disponibile in inglese, quindi non lo conoscevo. Ho compreso il personaggio di Sandokan attraverso la brillante sceneggiatura di Sergio Sollima. Ai tanti italiani che ho incontrato durante la mia permanenza in Italia ho chiesto cosa significasse per loro Sandokan e loro mi hanno descritto il personaggio secondo il loro ricordo e le loro letture, e così, ho ascoltato il mio cuore, il mio istinto e ne è uscito un personaggio vero, un protagonista avventuroso, temerario. Io e tutto il cast abbiamo vissuto sei mesi in Malesia, in un mondo immaginato da Salgari, creato da Sollima, navigando su navi pirata per mari azzurri, cavalcando attraverso fitte giungle verdi, ballando il valzer in maestose sale coloniali. Fu un’esperienza di vita fantastica e da qui l’Italia si innamorò così di Sandokan.
È stato il primo indiano protagonista in un film di 007: il cattivo Gobinda in “Octopussy”. Hollywood è sempre stata generosa o a volte si è rivelata avara con lei?
I film di Bond sono uno dei più grandi successi editoriali e soprattutto cinematografici, che hanno portato alla nascita di uno dei franchise più longevi e di maggior successo della storia. Milioni di fan nel mondo sono molto interessati agli attori che recitano in uno dei film di Bond. É stato entusiasmante per me interpretare il cattivo al fianco di Roger Moore, rappresenta uno dei miei grandi successi a Hollywood. Ho girato molte serie tv di successo in America, tra cui Beautiful per un anno circa. A quei tempi non scrivevano ruoli da protagonista per attori stranieri, quindi non ho mai avuto una parte importante come Sandokan. Ma nel mio libro potete leggere tante belle storie legate a Hollywood.

Nel penultimo capitolo parla di suo figlio Siddhart, che si è tolto la vita nel 1997, per una grave malattia mentale. La spiritualità l’ha aiutata a superare tragedie e dolori?
Perdere un figlio è l’esperienza più dolorosa per qualsiasi genitore. È come un braccio che viene tagliato via dal tuo corpo. Ma la spiritualità è sempre stata una fonte di grande forza per me, sia nei successi che nelle tragedie. Mio padre era un filosofo e discendente di Guru Nanak, mia madre divenne la monaca buddista di rango più alto del mondo. Ho preso molti insegnamenti da entrambi. Un capitolo del mio libro racconta la loro incredibile storia. Quando ero giovane, anch’io sono stato ordinato sacerdote buddista. Mi è stato insegnato Vipassana in Birmania da Mahasi Sayadaw, ora un santo buddista. Per me la meditazione è sempre stata il miglior antidoto al dolore e alla sofferenza.
Ha altri due figli, Pooja e Adam, e due nipoti, Alaya e Omar. Che padre e che nonno è?
«Devi chiederlo a loro. Sono particolarmente orgoglioso di mia nipote Alaya, che fa l’attrice e ha avuto un grande successo con il suo secondo film. Ha vinto il premio più prestigioso dell’India, Filmfare, per il suo primo film».
Ha partecipato all’ “L’isola dei famosi” che le diede un ritorno enorme di popolarità. Rifarebbe un reality?
Beh, ho anche fatto il Grande Fratello all’inizio del 2021, mi ha fatto guadagnare ancora più popolarità. Quindi mai dire mai. Ho superato molte sfide nella mia vita.
Lei è ambasciatore della Onlus Care & Share Italia, a opere di beneficenza per i bambini poveri del suo paese. Quali sono i suoi impegni?
Care and Share Italia opera dal 1991 in India a sostegno dell’infanzia, delle donne e delle comunità vulnerabili e marginalizzate. Si prende cura dei bambini delle baraccopoli indiane fornendogli l’aiuto necessario dall’asilo all’università. Oltre 23.000 bambini, che non avevano speranza, hanno avuto una nuova vita, piena di possibilità fantastiche. Questa importante causa umanitaria è finanziata dalle donazioni di migliaia di italiani; tutto questo dimostra che gli italiani hanno a cuore i bambini poveri in India, anche in questi tempi difficili. La cosa più importante è che le persone possono anche contribuire con le tasse che pagano, senza alcun costo per loro, spuntando la casella di donazione 5 x 100 nei moduli fiscali. In qualità di Brand Ambassador onorario di Care & Share, rendo le persone consapevoli di ciò che stanno facendo, spero di motivarle a contribuire facendo appello al loro io più profondo. Ho sempre promosso l’Italia in India e l’India in Italia. Cura e condivisione incarnano il meglio dell’India e dell’Italia a livello umano. C’è un team brillante per implementare i vari programmi, guidato dal presidente Elisabetta Zegna e dall’amministratore delegato Antonio Benci. Spero che le persone quando vedranno i volti sorridenti di quei bambini con nuove vite, saranno più sensibilizzati sul tema e sulla raccolta fondi.
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