Benvenuti al 'World Pasta Day'
Che siano Ziti alla genovese, Ramen con Naruto o dei semplicissimi spaghetti al pomodoro, la pasta è uno degli alimenti più consumati al mondo e l’Italia ne ha sicuramente scritto parte della sua storia. Il nostro paese è il primo in classifica per quanto riguarda il consumo. Si stima che ogni italiano mangi 25,3 kili di pasta in un anno, e il nostro paese è nelle prime posizioni anche per quanto riguarda la produzione che si aggira intorno alle 3.3 milioni di tonnellata in un solo anno.
Nel mondo ci sono 310 tipi di pasta che, a seconda del paese, assumono nomi diversi e proprio per questo potremmo spingerci a contarne fino a 1300. A proposito di formato, gli italiani sono dei veri tradizionalisti secondo una ricerca condotta da The Fork è emerso che preferiamo penne e spaghetti che sono stati scelti dal 70% del campione.
In particolare le penne sono preferite dagli uomini e dagli under 55 (circa il 70% del campione), mentre per i Baby Boomers (55 – 64 anni) lo spaghetto è il più amato (77%). Le farfalle sono gradite soprattutto dalle donne (31%) e dagli under 55 (26%).
Il World Pasta Day
E’ proprio per celebrare il mito di un piatto dalle origini antiche, una passione che accomuna le persone di tutto il mondo, che nel 1998 IPO (international pasta organisatioon) e AIDEPI (la più grande associazione italiana del settore alimentare) diedero vita al primo “World Pasta Day” che da allora si tiene ogni anno il 25 ottobre. Ad ospitare la manifestazione è sempre una città diversa non solo in Italia.
La pasta è ottima a pranzo, delle farfalle fredde con pomodorini, feta e maggiorana sono l’ideale per un pranzo in ufficio perché sono ottime anche fredde ma anche a cena. Per chi è particolarmente attento alla linea o è a dieta può optare per un condimento semplice come olio, peperoncino che aiuta a velocizzare il metabolismo e aglio che aiuta il corpo ad abbattere i depositi grassi. E chi non è un mago dei fornelli? Negli ultimi anni si sono moltiplicati servizi di consegna cibo a domicilio. Gli ordini di pasta sono in continua crescita soprattutto per quanto riguarda la pasta fresca che, durante lo scorso anno, avevano avuto una vera e propria impennata.
Per chi, invece, è attento all’impatto ambientale ci sono alcuni consigli pratici che è meglio rispettare: si deve utilizzare solo la quantità d’acqua necessaria. La regola insegna che va usato un litro d’acqua ogni 100 grammi di pasta ma per la pasta corta ne bastano 700 ml. Per far bollire l’acqua più velocemente è meglio coprire la pentola con un coperchio in modo da consumare meno gas e il sale va aggiunto solo una volta ottenuto il bollore. Infine, per non sprecare l’acqua di cottura, la si può far raffreddare e utilizzarla per innaffiare le piante di casa.
Alle origini della pasta
Ma parliamo delle origini. Forse non tutti sanno che la pasta è nata nella zona della Mezza Luna fertile tra i 10 e 12 mila anni fa. Grazie alla rivoluzione agricola e alla forte cultura del grano presente in quell’area geografica nasce la pasta “un sottile impasto di acqua e fraina cui si da forma con l’aiuto di un mattarello o del semplice lavoro manuale”. Nei manoscritti persiani del III secolo si parla di “lakmsha” per descrivere un alimento a strisce e la civiltà greca usa il termine “Lagonon”. I romani, invece, usano la parola “lagana”, da cui probabilmente nasce la parola “lasagna”, per definire una famiglia di preparazioni inerenti alla pasta. Con il trascorrere dei secoli, si trovano le prime differenziazioni tra pasta secca, presente soprattutto nella cultura alimentare dei paesi mediorientali e pasta fresca soprattutto nel mondo greco e romano. La Sicilia del XII era il principale centro di produzione e commercializzazione della pasta secca e sembra che proprio in questo periodo sia nato il modo di dire “mangia maccheroni” per definire gli abitanti dell’intera penisola.
Se fino al medioevo la pasta è considerata come un accompagnamento per zuppe e minestre dovremo aspettare il XX secolo per vederla sulle tavole come primo piatto. L’introduzione della forchetta e la nascita del sugo come condimento hanno reso la pasta una tra le portate principali di pranzi e cene non solo contadine.
La pasta fatta in casa ha sicuramente un posto speciale nel cuore degli italiani. Tutti abbiamo avuto una nonna, una zia ma anche una vicina che ci ha donato un vassoio di asta fatta in casa. Dalle tagliatelle alle orecchiette che ancora oggi le anziane di Bari fanno direttamente sotto gli archi della stupenda Bari vecchia, la pasta fatta in casa è un must della cultura popolare e contadina. Ho assistito personalmente a veri e propri litigi tra le signore del mio paese per decidere il quantitativo di uova più giusto da impastare con un kilo di farina. Il mondo intero sembra essere affascinato dai gesti che si ripetono da centinaia di anni per portare in tavola dei primi succulenti ed è con l’intento di far conoscere anche all’estero quest’arte nostrana che è nato il sito pasta grannies un sito, ma anche un libro, nel quale nonne di tutte le età e provenienze spiegano come fare al meglio pasta, ripieni e sughi. Se volete mettere letteralmente le mani in pasta e fare un corso di pasta fresca potete affidarvi alle Cesarine che, sparse per tutta la penisola, sono pronte ad insegnare tutti i trucchi del mestiere agli analfabeti del mestolo.
La pasta fatta in casa
Chi si cimenta nella preparazione della pasta fresca fatta in casa per prima volta è utile sapere che non sono solo le dosi di farina, acqua, sale e olio che fanno la differenza ma la qualità delle farine che si utilizzano nell’impasto. E’ interessante, per esempio, riscoprire i grani che sono stati dimenticati per lungo tempo come il monococco anche detto “piccolo farro”. Le sue origini risalgono a diecimila anni fa ed era alla base dell’alimentazione degli agricoltori è stato sostituito dal grano tenero che era più redditizio e più facile da coltivare. Forse non tutti sanno che fino agli anni ’60 il grano “senatore cappelli” è stato il frumento più coltivato sul territorio nazionale. All’origine c’era un frumento duro di provenienza tunisina, modificato dal genetista Nazzareno Strampelli in una masseria di Foggia di proprietà del senatore abruzzese Cappelli. La varietà, subito messa in commercio, andava incontro alla necessità di sfamare il popolo italiano garantendo un rapporto resa/apporto nutrizionale ottimale.
Se cercate l’eccellenza non accontentatevi del supermercato. Attualmente la grande distribuzione sta, sempre più spesso, allargando la quantità di prodotti che mette a disposizione del cliente ma nei piccoli negozi di paese si trovano ancora dei marchi che forse non entreranno mai negli scaffali dei supermercati a causa di una produzione più limitata. E’ il caso dell’azienda Girolomoni che produce pasta co il 100% di grano italiano e bio. Gino Girolomoni è considerato il padre dell’agricoltura biologica in Italia, proprio lui voleva dare una vita alle colline marchigiane della provincia di Pesaro e Urbino. Il suo sogno è diventato realtà e la sua azienda quest’anno è stata una tra i tre finalisti de EU Organic Award come migliore impresa biologica europea. Gino non c’è più e non può vedere i successi della sua azienda ma la sua lungimiranza e la sua bontà d’animo sono state tramandate alle nuove generazioni della famiglia che prosegue seguendo il modello “dal seme al piatto” nel rispetto della terra e promuovendo l’agricoltura sostenibile. Maria Girolomoni, responsabile Comunicazione e Pubbliche Relazioni della Cooperativa, ha deciso di sostenere un progetto in Afghanistan con l’imprenditrice sociale italiana Selene Biffi. Sima e altre donne afghane, avevano aperto nel 2018 un piccolo pastificio che gli permetteva di essere fonte di reddito per le loro famiglie. Con l’arrivo dei talebani queste donne si sono trovate in seria difficoltà e sono riuscite a non chiudere la loro piccola azienda grazie all’intervento di Selene e Maria. Nel 2021 c’è stata una vera e propria rinascita e sono diventate 11 le donne coinvolte nell’attività che sperano di poter espandere il progetto per contribuire allo sviluppo dell’agricoltura locale e di poter vendere il loro prodotto anche al di fuori del loro paese. L’iniziativa si può seguire andando sul sito: https://www.sheworksforpeace.org/
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