Fondo pensione: vale ancora la pena sottoscriverlo a 50 anni?
Il risparmio previdenziale è utile a qualsiasi età, anche in forma di fondo pensione. La differenza la possono fare il profilo di rischio e la fiscalità agevolata.
In un Paese che invecchia ogni giorno di più, perché ogni giorno ci sono più anziani e meno bambini, la responsabilità del tenore di vita durante la vecchiaia è passata dallo Stato all’individuo. Con la riforma contributiva il welfare pubblico garantisce la sussistenza (e neanche sempre), ma non può più garantire la qualità della vita. Quella sta a noi e alla nostra capacità di essere consapevoli, di risparmiare e di farlo in modo disciplinato.
I Fondi Pensione non nascono per un’ottica di breve periodo e il beneficio dell’inerzia di chi, automaticamente e quasi senza neanche rendersene conto, mette da parte un tot ogni mese della sua lunga vita professionale non si applica a chi decide di sottoscrivere un Fondo Pensione a 50 anni. Tuttavia, la convenienza finale c’è ma dipende da un’attenta valutazione di una serie di aspetti.
Fondo Pensione e la variabile tempo
La scelta di aderire a un fondo pensione è in pratica la scelta di sottoscrivere un impegno a risparmiare che, se disatteso, rischia di buttare all’aria quanto prima messo da parte e, come tutte le forme di risparmio previdenziale, è molto suscettibile alla leva del tempo: più anni si hanno davanti prima del pensionamento, minore il costo, e viceversa. Quindi iniziare in età già matura rende tutto più complicato e costoso, ma si può sempre fare e, considerati i chiari di luna previdenziali che ci illuminano sempre meno a ogni finanziaria, si dovrà fare sempre di più. Si potrebbe ragionare di convenienza o meno della sottoscrizione di uno strumento di risparmio pensionistico se non ci fosse stata una riforma previdenziale in senso contributivo che penalizzerà i redditi pensionistici e se l’aspettativa di vita non continuasse a crescere, obbligandoci a rivedere costantemente l’età pensionistica. Il continuo spostamento in avanti dell’età pensionistica, infatti, ci espone di più al rischio di perdere il lavoro prima di aver raggiunto i requisiti per il pensionamento. Il fondo pensione, grazie a meccanismi di riscatto e di anticipazione, rappresenta un salvadanaio cui attingere per tamponare la perdita di occupazione qualche anno prima del pensionamento o in caso di necessità rilevanti, come acquisto o ristrutturazione della prima casa o spese mediche importanti.
Con un orizzonte di tempo più breve, uno strumento di risparmio come il fondo pensione diventa sì possibile, ma delicato e meritorio di profonde valutazioni come uno strumento di investimento. Il che innanzitutto vuol dire, farsi consigliare: da un consulente finanziario, da un commercialista, da un caf o dal proprio bancario di fiducia. Prima di scegliere bisogna valutare gli anni che mancano alla quiescenza, l’importo stimato di pensione, la propria capacità di risparmio, il proprio profilo di rischio, i costi e, per ultimo, la prospettiva di rendimenti che, in assenza di un quadro analitico chiaro, rischiano di indurre in scelte sbagliate e anche potenzialmente molto costose.
Trattamento fiscale agevolato e scaglione di reddito Irpef
Nella scelta di un fondo pensione rileva e non poco il trattamento fiscale agevolato che prevede la deducibilità dei soldi accantonati sul fondo fino a un massimo annuo di 5.162,57 euro e, in particolare, il livello di reddito. Se infatti la deduzione dovesse permettere di rientrare nello scaglione Irpef precedente, il risparmio fiscale potrebbe essere già un buon elemento a favore della decisione e, tanto più nella prospettiva che i due primi scaglioni vengano in futuro accorpati, come parrebbe dal 2024, questa considerazione tende a favorire i redditi medio-alti.
I redditi alti attenderanno con trepidazione che il tetto per la deducibilità si alzi per trovarlo vantaggioso a loro volta. Anche perché il fondo pensione permette l’iscrizione di familiari a carico, e se il tetto rimane basso e unico, si perde vantaggio in quello che dovrebbe ormai diventare una moda: regalare un fondo pensione ai ragazzi.
Perché è così delicato sottoscrivere un fondo pensione dopo i 50 anni?
Innanzitutto perché la convenienza di un Fondo Pensione, al di là della deducibilità fiscale, in termini generali si articola su una serie di caratteristiche, alcune delle quali perdono rilevanza con l’età:
- perché mettendo da parte poco ogni anno – anche il solo TFR – si può costruire un piccolo gruzzolo integrativo della pensione;
- perché ad oggi la tassazione prevista sui rendimenti è del 20% contro il 26% per le operazioni finanziarie;
- perché la tassazione sulle prestazioni finali, capitale o rendita al momento del pensionamento, è al 15%, con una decrescita dello 0,30% per ogni anno oltre il 15°, fino a un minimo del 9%;
- perché contempla anticipi e riscatti per necessità di una certa importanza;
- perché in caso di morte del titolare, gli eredi indicati hanno diritto al riscatto totale.
Avere 50 anni e sottoscrivere un fondo pensione
Poiché una persona di 50 anni non ha davanti a sé lo stesso orizzonte di tempo di un trentenne, per ottenere risultati apprezzabili in termini di integrazione di reddito pensionistico, deve investire di più oppure deve accettare un rapporto rischio/rendimento meno prudente. Eh sì, perché il fondo pensione si costruisce con il capitale versato ogni anno e i rendimenti di quel capitale investito. E i rendimenti vengono investiti in titoli di stato, fondi o azioni, a seconda del profilo di rischio. Non sopravvalutiamo però i 50 anni: in fin dei conti vuol dire avere davanti ancora 17 anni di lavoro che, tra adeguamento alla crescita dell’aspettativa di vita e finestre varie, rischiano di diventare 19/20. Inoltre, si può decidere di continuare a contribuire al fondo pensione riservandolo a sostenere il tenore di vita della seconda parte della vecchiaia, quella più gravata da spese sanitarie.
Un articolo sul Corriere della Sera di febbraio scorso, faceva un’articolata valutazione, con l’aiuto delle simulazioni di Smileconomy, sull’effetto del TFR conferito in un fondo pensione a diverse età. Nell’ipotesi di un cinquantenne con uno stipendio netto mensile di 2.500 euro, un fondo pensione alimentato con il solo TFR maturato e maturando, potrebbe dare buoni risultati con un profilo di rischio medio e uno scenario mediano e addirittura arrivare a quasi raddoppiare le risorse di TFR investite con un profilo di rischio alto (il che implica che il TFR sia investito in titoli azionari).
Quindi un fondo pensione a 50 anni può ancora essere utile e addirittura vantaggioso, sempre che l’assenza di tempo davanti sia compensata con una maggiore disponibilità al rischio.
Quali Fondi Pensione
Qui può essere utile rammentare che esistono diversi fondi pensione:
- i fondi chiusi, ovvero quelli di categoria che i sindacati firmano con le industrie;
- i fondi aperti, svincolati dalla categoria e liberi per essere sottoscritti da qualunque lavoratore
- PIP o Piani Individuali Pensionistici, aperti a tutti.
Gli ultimi due casi, i fondi aperti e i PIP, quelli cioè che si attivano per iniziativa individuale, sono abbastanza diversi, pur avendo in comune la non irrisoria caratteristica di essere patrimoni autonomi e separati dal resto delle masse gestite dalle società che li istituiscono e dai rispettivi bilanci, il che significa che il denaro versato dai sottoscrittori rimane inaccessibile ad eventuali creditori della società di gestione.
- I fondi aperti sono gestiti da banche, SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), assicurazioni o SGR (Società di Gestione del Risparmio);
- I PIP sono istituiti e gestiti dalle sole Società Assicurative e infatti sono, sostanzialmente, delle polizze vita di Ramo I o di Ramo III
E qui entra in campo una prima differenza sostanziale: i PIP sono più costosi dei fondi aperti. E’ quindi fondamentale avere ben chiara la struttura dei costi – trattenute, prelievi e commissioni di gestione – nel momento della valutazione. Per il resto, i due condividono più o meno le stesse caratteristiche di flessibilità e di deducibilità.
Il rendimento non è certo, tuttavia i fondi pensione possono offrire garanzie di un rendimento minimo, ma anche queste garanzie possono comportare costi aggiuntivi.
Il TFR in fondo pensione:più denaro o più coraggio?
Tornando all’articolo del Corriere della Sera, dei 376 miliardi di Tfr maturati dal 2007, solo il 22% è stato destinato ai fondi pensione. La parte restante, invece, o è rimasta in azienda o è confluita nel fondo a gestione separata dell’Inps. Anche la scelta del profilo di rischio, generalmente prudente, non dà ragione ai lavoratori, visto che negli anni ha dato i rendimenti più bassi. “Se le linee garantite dei fondi preesistenti e gli obbligazionari misti hanno infatti offerto negli ultimi 10 anni un rendimento annualizzato che oscilla dal -0,2% dei Pip unit linked obbligazionari al +2,4% dei fondi negoziali obbligazionari misti, le linee azionarie mostrano invece una performance annualizzata del 4,7% per i fondi di categoria e per i Pip e del 4,9% per i fondi aperti. E per finire, rimane da sciogliere ancora il nodo adesioni, che nell’ultimo anno sono cresciute soprattutto tra gli over 54”.
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