Il sistema pensionistico italiano crollerà? Quando e possibili rimedi
Quando si pensa alla pensione si possono vivere una gamma di emozioni differenti, percependo da una parte sollievo nel pensare al tempo libero connesso a questa fase di vita, ma dall’altro lato una certa preoccupazione dettata da tutti i cambiamenti che comporta la cessione dell’attività professionale. Dopo aver passato buona parte dell’esistenza al lavoro, terminare il proprio impiego significa ridefinire non solo ritmi, routine e attività quotidiane, ma anche la propria identità personale. A tutto questo si aggiunge la preoccupazione di riuscire a vivere una vecchiaia serena, essendo in buona salute e avendo una certa stabilità a livello economico. In questa direzione la pensione rappresenta una risorsa fondamentale, grazie alla quale contare su una rendita mensile con cui sostenere le spese essenziali. Il tema della pensione ricopre un ruolo fondamentale e, pertanto, dovrebbe essere affrontato quanto prima dai lavoratori, considerando le sfide del sistema previdenziale emerse negli ultimi anni in Italia. Approfondiamo di seguito il quadro generale in cui verte il sistema, le sue criticità e possibili rimedi per il futuro.
Il quadro del sistema previdenziale italiano
Il concetto di pensione si basa sull’assunto di sostenere economicamente i lavoratori che hanno concluso la loro attività lavorativa oppure tutelarli in caso per esempio di invalidità. Il trattamento pensionistico spetta infatti nel momento in cui viene raggiunta una determinata anzianità contributiva o anagrafica oppure in presenza di una riduzione totale o parziale delle capacità lavorative. Per quanto riguarda l’Italia l’ente che si occupa della gestione delle pensioni pubbliche è l’INPS e il sistema si incentra su un patto tra generazioni, vedendo i lavoratori attivi versare contributi che finanziano immediatamente le pensioni dei pensionati correnti. Si tratta di un ingranaggio molto complicato e mutevole, soggetto alle trasformazioni economiche e demografiche in atto e a molteplici cambiamenti.
Una delle evoluzioni più sostanziali nel panorama del sistema pensionistico italiano è rappresentata dal passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo: il primo prevede un assegno pensionistico pari all’80% dell’ultima retribuzione, mentre il secondo, subentrato dal 1996, determina l’importo del trattamento a seconda di quanto si è versato nel corso della vita lavorativa. Il calcolo dell’importo per la maggior parte dei pensionati attualmente avviene tramite il sistema misto, ovvero ripartito in una quota retributiva, inerente i contributi versati fino al 31 dicembre 1995, e una contributiva per quelli versati dal 1 gennaio 1996 in poi. Tra le principali riforme previdenziali degli ultimi anni spicca la legge Fornero con cui è stato stabilito definitivamente il passaggio al sistema contributivo, eliminando la vecchia pensione di anzianità.
Attualmente il sistema pensionistico in Italia si basa sulla pensione di vecchiaia, previdenza obbligatoria che spetta a tutti i lavoratori al raggiungimento di 67 anni di età (confermata fino al 2026, ma che potrebbe essere innalzata con l’aumento della speranza di vita) e con un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. Accanto a questo, sono previste diverse modalità di pensionamento anticipato, tra cui la pensione anticipata, ottenuta con un minimo di 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, l’Ape sociale, la Quota 103, l’Opzione donna, la pensione di inabilità, destinata ai lavoratori con riduzione e perdita delle capacità lavorative, e la pensione superstiti, rivolta ai familiari di lavoratori e pensionati deceduti.
Sistema pensionistico in Italia: le criticità
Nel tempo il sistema pensionistico italiano è stato soggetto a riforme, cambiamenti ed evoluzioni costanti. Attualmente sta affrontando sfide significative e problematiche notevoli: in primis a incidere negativamente sul mondo delle pensioni è il contesto demografico del nostro paese, contraddistinto in particolare da una bassa natalità e una crescita della popolazione anziana. Con l’innalzarsi dell’aspettativa di vita e la riduzione delle nascite si afferma una piramide rovesciata demografica, responsabile di uno squilibrio che vede il numero di pensionati aumentare e i giovani che li sostengono diminuire, pesando a livello contributivo sulle finanze pubbliche.
Oltre al fatto che si fanno sempre meno figli e si vive più a lungo, una serie di fattori contribuiscono a rendere il sistema previdenziale insostenibile come per esempio l’entrata nel mondo del lavoro che slitta, il contesto lavorativo più precario, le carriere discontinue, le condizioni contrattuali meno buone, le maggiori difficoltà ad avere la continuità contributiva per andare in pensione e i problemi legati all’occupazione femminile. Questo mix di fattori influisce inesorabilmente sul patto intergenerazionale alla base di tutto il sistema previdenziale.
Le criticità emergono anche dal punto di vista economico, tenendo conto che la spesa pensionistica pubblica è molto elevata in Italia, superando la media europea. Nel nostro paese una buona fetta del PIL viene investita per le pensioni (circa il 15-16%) e questa potrebbe salire, visto che molte persone nate tra gli anni ‘50 e ‘70 andranno in pensione prossimamente e allo stesso tempo i lavoratori saranno sempre meno. Quindi, per il futuro si prevede una crescita dei pensionati e una diminuzione di chi versa i contributi, facendo lievitare così la spesa pubblica destinata ai trattamenti pensionistici.
Il quadro generale del sistema pensionistico in Italia aumenta la preoccupazione nei lavoratori, sempre più consapevoli di come sia necessario affidarsi a forme previdenziali complementari per vivere in modo dignitoso durante gli anni della pensione, in modo da garantirsi un reddito extra oltre al trattamento pensionistico pubblico. Attualmente, anche se molti si rendono conto di dover puntare su questi strumenti, solo in pochi investono in forme di previdenza integrativa.
Soluzioni e rimedi per rendere il sistema pensionistico italiano più sostenibile
Per arginare le criticità attuali e future del sistema pensionistico previdenziale italiano, istituzioni ed economisti devono scendere in campo con soluzioni e azioni mirate grazie alle quali invertire la rotta. In particolare, è necessario puntare su politiche e incentivi volti a favorire l’occupazione: più lavoratori significa più contributi versati e più PIL, cosa che rende maggiormente sostenibile il sistema pensionistico. Per fare ciò, è necessario sviluppare politiche attive del lavoro, incentivare le assunzioni, sostenere l’occupazione femminile, la formazione e lottare contro l’evasione.
In generale, la crescita del PIL rappresenta una soluzione per diminuire il peso della spesa pensionistica, investendo per esempio in industria, infrastrutture e digitalizzazione, come anche le politiche demografiche a lungo termine volte incentivare la natalità, quali servizi per l’infanzia, contributi economici per le famiglie e politiche abitative.
Un’altra via è il passaggio totale al sistema contributivo puro, cosa che accadrà naturalmente nei prossimi anni quando andranno in pensione i lavoratori che hanno prestato attività sotto questo sistema per tutta la vita, riducendo così la spesa pubblica delle pensioni, anche se di contro, dall’altro lato, è meno vantaggioso per i pensionati che conteranno su importi più bassi. Questo renderà indispensabile l’integrazione della previdenza complementare, strumento sempre più importante nel prossimo futuro, su cui dover investire il prima possibile.
Altro aspetto è l’innalzamento dell’età pensionabile, tenendo conto che questa fino al 2026 resta a 67 anni, ma già dal 2027 potrebbe essere aumentata, adeguandola all’aspettativa di vita. A fronte di una vita più lunga vengono così ridotti gli anni in cui si usufruisce del trattamento e aumentano quelli in cui si pagano i contributi: uno scenario che può portare un vantaggio consistente per la spesa pubblica, visto che riduce gli anni in cui lo Stato paga le pensioni e aumenta quelli in cui vengono versati i contributi. Per il lavoratore questo si traduce in un assegno pensionistico più alto, avendo versato più contributi, ma di contro ci si ritrovata dover lavorare per più anni, cosa che può pesare per chi non gode di buona salute o ha alle spalle una vita lavorativa faticosa.
Altra soluzione per rendere il sistema pensionistico maggiormente sostenibile è la flessibilità di uscita, con misure per esempio come l’Opzione donna grazie alla quale si può anticipare la pensione con requisiti anagrafici e contributivi ridotti, anche se questo influenza l’importo del trattamento. Tra le possibili soluzioni rientra poi quella di prevedere bonus contributivi per coloro che restano al lavoro, consentendo di aumentare i contributi versati e allo stesso tempo riducendo il periodo pensionistico.
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