La distillazione è una delle pratiche più antiche legate alla trasformazione dell’uva, dei cereali e di molte altre materie prime. Originata come tecnica per concentrare proprietà terapeutiche delle piante o conservare l’alcol, è divenuta nel tempo una forma d’arte che unisce sapere scientifico e tradizioni culturali.
Parliamo di “spirits” per riferirci a numerosi distillati provenienti da ogni angolo del mondo, ciascuno con regole, tecniche e valori propri. Le origini risalgono probabilmente a epoche precedenti al Medioevo, tra Persia, Cina ed Egitto, ma è in Europa tra il XIII e il XVI secolo che la distillazione si afferma come tecnica codificata. Il motivo per cui oggi il settore continua a progredire, ha che fare con il ritorno alla qualità e all’identità dei territori.
Il potere del web, proprio in questi ultimi anni, gioca un ruolo centrale, perché permette ai consumatori di informarsi e accedere a referenze difficilmente reperibili nei canali fisici. E grazie a shop specializzati, come ad esempio Rivoldrink, che anche distillati di nicchia o di origine artigianale diventano disponibili a un pubblico ampio, curioso e attento.
Cos’è la distillazione: tipologie e metodi
La distillazione alcolica consiste nel separare l’alcol dall’acqua attraverso il riscaldamento e la successiva condensazione dei vapori. Le due principali modalità sono la distillazione discontinua e quella continua.
La prima è tipica della produzione artigianale: ogni lotto viene lavorato separatamente, spesso in alambicchi di rame, materiale che neutralizza alcune impurità e arricchisce l’aroma.
La distillazione continua, invece, avviene in impianti a colonna ed è usata per produrre su larga scala, con una gradazione più alta ma un profilo generalmente più neutro.
Quali e quanti distillati esistono nel mondo?
I distillati si classificano generalmente per origine della materia prima. I più comuni derivano da uva, cereali, canna da zucchero, frutta o agave.
In Europa, troviamo alcuni tra i più noti e storici: la grappa italiana, ricavata da vinacce fermentate; il cognac e l’armagnac francesi, ottenuti dalla distillazione del vino bianco; l’acquavite di frutta tipica di Germania, Austria e paesi alpini.
Nei Paesi anglosassoni, invece, si produce il whisky. In Scozia si realizza per lo più con orzo maltato e si distingue per aree regionali: Islay, Highlands, Lowlands, Speyside. L’Irish whiskey è invece noto per la tripla distillazione e il profilo più morbido. Negli Stati Uniti troviamo il bourbon, prodotto con almeno il 51% di mais e invecchiato in botti di rovere nuove.
Il gin, nato inizialmente come distillato medicinale in Olanda, è oggi uno degli spirits più sperimentati grazie alla varietà di botaniche impiegate. Il rum, ottenuto da melassa o succo di canna, ha le sue capitali nei Caraibi, in Sudamerica e nell’Oceano Indiano. In Messico l’agave dà origine a tequila e mezcal, due distillati simili ma differenti per materia prima, metodo e terroir.
Asia e Africa offrono prodotti meno conosciuti in Europa ma di grande identità: soju coreano, baijiu cinese, arak mediorientale, cachaça brasiliana, solo per citarne alcuni.
In tutto il mondo si contano più di 200 tipologie diverse di distillati, spesso legate a tradizioni locali e consumi rituali.
Il mercato oggi: un ritorno ai metodi di una volta
Alla ricerca dell’autenticità e della qualità, consumatori e produttori di questi anni si sono orientati verso metodi tradizionali e materie prime locali. Il “ritorno alle origini” ha portato alla riscoperta di tecniche antiche, come l’infusione lenta, la distillazione su fuoco diretto o l’utilizzo di botti di secondo e terzo passaggio.
Uno dei trend di punta, a tal proposito, è il craft distilling, un movimento che privilegia produzioni su piccola scala, con attenzione maniacale alla tracciabilità, alla sostenibilità e alla personalizzazione. Sulle etichette figurano non solo l’origine dei cereali o dell’uva, ma anche l’annata della raccolta, il tipo di legno usato per le botti, l’acqua impiegata per la riduzione.
Di conseguenza, nella mixology, cioè l’arte della miscelazione, anche la figura del bartender contemporaneo è sempre più simile a quella di un sommelier, il cui ruolo è quello di raccontare le origini e favorire la diffusione di una cultura del bere responsabile.
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