Tredicesima detassata, ipotesi in Manovra 2025: cosa cambia per i lavoratori e quanto si può guadagnare in più
Il governo studia un intervento per detassare la tredicesima mensilità nella prossima Legge di bilancio 2025. L’obiettivo? Aumentare il reddito netto dei lavoratori, rilanciare i consumi e dare respiro al ceto medio, messo a dura prova dall’inflazione e dal rallentamento dei salari.
L’idea, fortemente sostenuta da Forza Italia e in particolare dal vicepremier Antonio Tajani, punta a ridurre o eliminare l’Irpef sulla gratifica natalizia, una delle componenti più “pesanti” dal punto di vista fiscale nella busta paga di dicembre.
Due le ipotesi sul tavolo: esenzione totale dall’imposta o tassazione agevolata al 10%, sul modello dei premi di produttività. Ma quali sarebbero gli effetti reali per i lavoratori? E quanto costerebbe allo Stato? Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Che cos’è la tredicesima e chi la riceve
La tredicesima mensilità è un pagamento aggiuntivo che i datori di lavoro erogano, in genere nel mese di dicembre, ai dipendenti del settore pubblico e privato, oltre che ai pensionati.
Introdotta in Italia negli anni Cinquanta, rappresenta oggi un diritto consolidato che coinvolge milioni di lavoratori e vale complessivamente oltre 59 miliardi di euro ogni anno. Restano esclusi i lavoratori autonomi, che non rientrano nei regimi contrattuali da cui deriva la gratifica. L’importo della tredicesima è calcolato dividendo la retribuzione lorda annua in tredici quote: 12 corrispondono agli stipendi mensili e la tredicesima rappresenta la mensilità extra.
Come funziona la tassazione della tredicesima oggi
Sulla tredicesima si applicano gli stessi contributi previdenziali delle altre mensilità (mediamente il 9,19% a carico del dipendente) e l’Irpef secondo gli scaglioni vigenti. Nel 2025, l’imposta sul reddito delle persone fisiche resta articolata in tre fasce:
- 23% fino a 28.000 euro di reddito;
- 35% tra 28.001 e 50.000 euro;
- 43% oltre i 50.000 euro.
La differenza sostanziale rispetto alle mensilità ordinarie è che la tredicesima non beneficia delle detrazioni per lavoro dipendente, già distribuite mensilmente nel corso dell’anno. Di conseguenza, il carico fiscale effettivo è più alto e il netto in busta paga più basso.
Per esempio, un lavoratore con 30.000 euro di reddito lordo annuo riceve una tredicesima lorda di circa 2.308 euro, ma dopo contributi e tasse porta a casa poco più di 1.360 euro: quasi il 40% se ne va in trattenute.
Perché si parla di tredicesima detassata nel 2025
La proposta di detassazione della tredicesima nasce con l’intento di aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori e stimolare i consumi interni, in una fase in cui i salari reali faticano a tenere il passo con il costo della vita.
Forza Italia ha inserito la misura tra le priorità politiche della prossima manovra, con Tajani che l’ha definita “un gesto di equità verso il ceto medio”. L’idea è quella di correggere un’ingiustizia fiscale: la tredicesima, pur essendo un reddito da lavoro come gli altri, oggi è tassata di più.
Tuttavia, il governo deve fare i conti con la realtà dei numeri. L’operazione, nella sua forma più ampia, avrebbe un impatto importante sui conti pubblici: nel 2024 le tredicesime hanno generato 14,5 miliardi di gettito Irpef. Rinunciarvi completamente significherebbe una perdita significativa per l’erario.
Le ipotesi allo studio: esenzione totale o imposta sostitutiva al 10%
Sul tavolo del Ministero dell’Economia ci sono due possibili modelli di intervento. La prima, riguarda l’esenzione totale dell’Irpef, mentre la seconda riguarda l’imposta sostitutiva agevolata al 10%. Vediamole più nel dettaglio, giusto per fare chiarezza.
Esenzione totale dall’Irpef
È l’opzione più ambiziosa e prevede che la tredicesima venga esclusa dall’imposta sui redditi, restando soggetta solo ai contributi previdenziali. In questo caso, il guadagno per i lavoratori sarebbe equivalente all’intero ammontare di Irpef che oggi viene trattenuto. Però, perché c’è sempre un però, il costo per lo Stato sarebbe molto alto, stimato in oltre 10 miliardi di euro se applicata universalmente.
Imposta sostitutiva agevolata al 10%
Una soluzione più prudente ma più sostenibile per i conti pubblici. La tredicesima verrebbe tassata con una flat tax ridotta al 10%, simile a quella già prevista per i premi di produttività. Il vantaggio fiscale sarebbe significativo, pur restando entro margini di spesa più contenuti.
Entrambe le ipotesi restano in fase di studio tecnico, in attesa di capire quali coperture potranno essere inserite nella manovra autunnale.
Simulazioni: quanto si guadagnerebbe in più con questa modifica
Ecco alcune stime indicative sul beneficio netto per i lavoratori, elaborate su base Irpef 2025.
| Reddito annuo lordo | Guadagno netto con esenzione totale | Guadagno netto con imposta 10% |
| 20.000 € | +321 € | +182 € |
| 28.000 € | +450 € | +254 € |
| 35.000 € | +856 € | +611 € |
| 50.000 € | +1.222 € | +873 € |
| 60.000 € | +1.802 € | +1.383 € |
L’effetto cresce con il reddito, perché maggiore è l’aliquota Irpef ordinaria da cui si parte.
Un esempio pratico: con 30.000 euro di reddito lordo, oggi la tredicesima netta è di circa 1.360 euro. Con esenzione totale, salirebbe a circa 2.096 euro (+730 euro), mentre con imposta sostitutiva al 10%, arriverebbe a 1.865 euro (+500 euro).
Ipotesi aggiuntiva: riduzione delle aliquote Irpef
Parallelamente, il governo valuta anche un taglio dell’aliquota intermedia Irpef: dal 35% al 33%, con possibile estensione della soglia fino a 60.000 euro di reddito.
L’effetto sulla tredicesima, in questo caso, sarebbe più contenuto: circa +50-70 euro per i redditi medi, fino a +400 euro per chi percepisce 60.000 euro annui, grazie alla discesa dell’aliquota dal 43% al 33%.
L’impatto sui conti pubblici
Il costo dell’operazione dipende dall’intensità dell’intervento; nel 2024, secondo la CGIA di Mestre, la tredicesima ha mosso 59,3 miliardi di euro lordi, generando 14,5 miliardi di Irpef.
Una detassazione totale comporterebbe una perdita di gettito equivalente, mentre una tassazione agevolata ridurrebbe il costo a pochi miliardi. Per limitare l’impatto, il governo potrebbe introdurre soglie di reddito o criteri selettivi — ad esempio, applicare la misura solo a chi guadagna fino a 35 o 40 mila euro l’anno
A chi si applicherà la misura
La detassazione, se approvata, dovrebbe riguardare tutti i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e i pensionati, che percepiscono anch’essi la tredicesima. Resterebbero esclusi autonomi e partite Iva.
Non è escluso che si preveda un limite di reddito o una progressività inversa, per favorire maggiormente i ceti medi e bassi.
Quanto aumenterebbe la busta paga di dicembre
In media, un lavoratore con reddito tra 25.000 e 35.000 euro lordi potrebbe ritrovarsi con una tredicesima più pesante di 400-700 euro rispetto a oggi, a seconda dell’aliquota applicata.
Si tratterebbe, in sostanza, di una sorta di “bonus natalizio strutturale”, integrato direttamente nello stipendio, con effetto immediato sul reddito disponibile e, potenzialmente, sui consumi delle famiglie.
I pro e i contro della tredicesima detassata
I vantaggi di questa nuova misura si contano su 3 di 5 dita di una mano. Intanto, ci sarebbe un aumento del reddito netto per milioni di lavoratori, ma da considerare è anche lo stimolo ai consumi, in un periodo dell’anno strategico per l’economia. Infine, sarebbe un forte segnale politico verso il ceto medio, che negli ultimi anni ha visto erodere il proprio potere di acquisto.
Sulle criticità (o svantaggi), troviamo un impatto potenzialmente elevato sui conti pubblici, ma anche possibili disparità se la misura non sarà uniforme tra regioni e, infine, una necessità di coperture finanziarie credibili per evitare un incremento del deficit.
Per ora si parla solo simulazioni e ipotesi. Ma una cosa è certa: la busta paga di dicembre 2025 potrebbe essere più ricca e per molti italiani, sarebbe un regalo di Natale davvero atteso.
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