I più grandi pittori italiani del ‘900

Quando si parla di correnti artistiche e pittori di spicco il Novecento è stato sicuramente un secolo di grande fermento, in cui sono emersi innumerevoli movimenti e artisti che con il loro talento e la loro sensibilità hanno segnato la storia dell’arte. Guardando al panorama italiano si sono affermati nomi di rilievo, che hanno dato vita a capolavori senza tempo: approfondiamo di seguito quali sono i più grandi pittori italiani del ‘900.
L’arte del Novecento
Il Novecento è stato un secolo ricco di cambiamenti, svolte ed eventi disparati, distinguendosi con una doppia faccia: da un lato ha racchiuso conquiste civili, scientifiche, economiche e tecniche, mentre dall’altro è stato teatro di tragedie, tra genocidi, le due guerre mondiali e la guerra fredda. Il XX secolo è stato segnato dall’affermarsi della società di massa e dal tramutarsi degli assetti politici ed economici mondiali, ripercuotendosi sulle persone, le loro visioni e le loro vite.
Il dinamismo e la varietà di questo secolo si sono riversati anche sull’arte, vedendo emergere numerose correnti e stili differenti. Durante il Novecento, in particolare, fioriscono in tutta Europa le avanguardie artistiche, quali Espressionismo, Futurismo, Dadaismo e Surrealismo, che fanno capolino anche in Italia con artisti che elaborano linguaggi inediti, dando voce a idee progressiste e aprendosi a nuovi orizzonti creativi. L’arte del Novecento diventa espressione dell’innovazione culturale di questo secolo estremamente denso. In questo periodo gli artisti si lasciano alle spalle le raffigurazioni classiche del bello assoluto e della mitologia, concentrandosi su una rappresentazione più introspettiva, calata sul loro mondo interiore, la quotidianità e i sentimenti.
Amedeo Modigliani, tra i massimi pittori italiani del ‘900
Tra i massimi esponenti della pittura del Novecento spicca Amedeo Modigliani, che con il suo talento, l’animo tormentato e una sensibilità unica ha dato vita a opere senza tempo. Chiamato anche Modì o Dedo, l’artista livornese ha vissuto in molte città italiane, per poi stabilirsi a Parigi, entrando in contatto con artisti come Henri Matisse e Pablo Picasso. Nel suo lavoro Modigliani si ispira ai volumi di Cézanne ed è influenzato da correnti come Cubismo e Futurismo, anche se non si legherà mai a nessun movimento specifico, cercando un suo linguaggio distintivo. Studioso della tradizione classica, si interessa anche all’arte africana e al primitivismo. Modigliani dipinge i suoi soggetti con linee geometriche e colori intensi: l’artista ritrae spesso figure femminili con volti allungati, stilizzati e disarmonici, ricchi di sentimento e dalla forte espressività emotiva. Tra le sue opere più importanti spiccano “Ritratto di donna con cappello” (1918) e “Nudo seduto” (1916).
I maestri italiani del Futurismo
L’arte del Novecento è segnata dal Futurismo, nato in Italia e diffusosi poi in tutta Europa, coinvolgendo ogni espressione artistica, passando dall’arte, alla letteratura, alla musica e al cinema. La fondazione del Futurismo si deve a Filippo Tommaso Marinetti, che nel 1909 espose il suo Manifesto: questa corrente artistica pone una frattura rispetto all’arte del passato, concentrandosi sulla velocità e sulla modernità ed esaltando la scienza e l’avanzamento tecnologico.
Per quanto riguarda la pittura un artista futurista di spicco è Umberto Boccioni, autore di opere all’avanguardia, in cui il dinamismo si fonde con l’energia cinetica e i toni cupi e violenti della vita moderna. In rottura con le regole pittoriche tradizionali, i suoi dipinti sono dominati da pennellate vibranti ed esprimono la vorticosità della società. Nato a Reggio Calabria nel 1882, Boccioni ebbe una carriera breve, ma durante la quale produsse moltissime opere. Tra le più famose spicca “La madre con l’uncinetto” (1907), dipinto di esordio contraddistinto da pennellate tratteggiate e puntinate, “Rissa in galleria” (1907), in cui emerge il suo dinamismo, e la “La città che sale” (1910), punto di svolta nella sua produzione futurista.
Altro pittore futurista di spicco è Giacomo Balla, tra i più importanti esponenti dell’avanguardia artistica. Di origini torinesi, è stato influenzato ai suoi esordi dal neoimpressionismo francese per poi prendere parte al Futurismo, pubblicando con altri artisti il “Manifesto tecnico della pittura futurista”. Balla è conosciuto per la sua capacità di cogliere la luce, la velocità e il movimento come emerge nell’opera “Lampada ad arco” (1909) in cui raffigura l’illuminazione in modo dinamico, mettendola al centro della scena, tanto da prevaricare persino sulla luna. Tra le sue opere più celebri spicca “Dinamismo di un cane al guinzaglio” (1912) in cui sono rappresentati il corpo di un cane e la veste di una donna, frutto di pennellate rapide e della sovrapposizione delle forme. Il quadro racchiude l’essenza stessa del futurismo, in cui il movimento viene rappresentato tramite la raffigurazione dell’oggetto nei suoi spostamenti contemporanei, per cogliere la quarta dimensione del tempo.

Carlo Carrà: tra Futurismo e Metafisica
Un artista italiano del Novecento di spicco è Carlo Carrà, pittore piemontese noto per le sue opere dalla tensione dinamica. Le sue creazioni sinuose e dal ritmo frenetico hanno posto una rottura con i canoni della cultura neoclassica come nei quadri “Piazza del Duomo a Milano” (1909), “I Funerali dell’anarchico Galli” (1911), “Donna al balcone” (1912) e “La Galleria di Milano” (1912). Nel suo lavoro l’artista si concentra sui paesaggi e tematiche legate alla società primitiva. Dopo aver abbracciato il Futurismo, dal 1915 Carrà dà inizio a un periodo metafisico, abbandonando il dinamismo e la velocità.
L’artista esprime l’essenza della Metafisica sviluppata da De Chirico e poi da lui approfondita: un esempio è l’opera “La Musa Metafisica” (1917) in cui emerge al centro della scena un elemento umanoide al posto del quale viene raffigurato un suo automa, che corrisponde al suo alter ego. Dal 1924 l’artista si allontana dalla pittura metafisica, traendo ispirazione dagli autori rinascimentali, dando vita a rappresentazioni più reali.
La pittura metafisica e l’opera di Giorgio de Chirico
Un grande maestro italiano dell’arte del ‘900 è Giorgio de Chirico, esponente della pittura metafisica, nota per i suoi soggetti fantastici e avvolti in un alone di mistero. Statici, nitidi e dettagliati, questi vengono posti in ambientazioni stranianti, che conducono l’osservatore al di là della raffigurazione realista.
Nella sua produzione de Chirico è influenzato dagli artisti surrealisti dell’epoca, ritraendo mondi fantastici, luoghi onirici, scenari enigmatici, architetture fantasiose e illuminazioni non reali. Nelle sue opere i principali soggetti sono piazze desolate, architetture classiche, manichini, statue misteriose e figure umane stilizzate: tra le più celebri spiccano “L’enigma dell’oracolo” (1911), “La ricompensa dell’indovino” (1913) e “Le Muse inquietanti” (1917). A partire dal 1925 l’artista si avvicina a uno stile più tradizionale, raffigurando principalmente cavalli, nature morte e ritratti.

Lucio Fontana, Burri e lo Spazialismo
Sulla scena dell’arte italiana del Novecento spicca Lucio Fontana, padre dello Spazialismo, movimento che pose al centro dell’opera il concetto di spazio. L’artista esplora nella sua produzione la relazione tra spazio e materia: conosciuto per le opere dalla forte tensione concettuale, è noto in particolare per le sue grandi tele dipinte e poi tagliate. Oltre a serie come “Lucio Fontana Tagli” (1958) e “Concetto Spaziale. Attese” (1960), l’artista realizza anche opere con un foro centrale, ad esempio nella serie “Concetto Spaziale. Buchi” (1950).
Altro importante pittore del periodo è Alberto Burri, che insieme a Fontana esprime una corrente artistica informale. Per realizzare le sue opere l’artista umbro ricorre a materiali inusuali, poveri e grossolani, come terra, legno, muffe, colla e pezzi di vecchi sacchi, distruggendoli e anticipando correnti come il nuovo realismo e l’arte povera. Per esempio in “Combustioni” (1956) Burri brucia plastiche e legna per la realizzazione di questa opera. Oltre a dialogare con la fisicità dei materiali, la poetica dell’artista si distingue per la sua narrazione dolorosa, declinata in opere come “Sacco e Rosso” (1954), dal forte impatto visivo, in cui l’artista inserisce su un quadro della sfondo rosso un sacco bucato.
Neorealismo e l’opera di Renato Guttuso
L’arte del Novecento è stata segnata anche dal lavoro di Renato Guttuso, esponente del Neorealismo, distintosi con le sue tele impregnate di significati sociali e dalla forte carica emotiva, dedicate alle lotte dei lavoratori e alla vita quotidiana. L’arte sociale di Guttuso si esprime in opere come “La Crocifissione” (1941), denuncia contro il regime fascista e la chiesa cattolica, e “I funerali di Togliatti” (1972), diventata poi Manifesto del PCI.
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