“UN’INDICIBILE TENEREZZA” di Giorgio Montefoschi e “IL CIELO SU VIA PADOVA” di Daria Colombo
Il romanzo borghese secondo due amatissimi autori italiani
Uno scrittore, maschio, capace di raccontare le donne come pochi altri. Una scrittrice, femmina, maestra nell’ illuminare la complessità dei suoi personaggi, soprattutto donne, in maniera essenziale e diretta. Giorgio Montefoschi e Daria Colombo sono quello scrittore e quella scrittrice che, una volta di più nei loro ultimi romanzi – rispettivamente “Un’indicibile tenerezza” (La Nave di Teseo) e “Il cielo su via Padova” (Sperling&Kupfer) -, hanno saputo mettere al centro delle loro storie l’umanità protagonista dell’età contemporanea, seguendone le diverse sfumature come in un racconto cinematografico dall’afflato terribilmente intimista, e regalando pagine in equilibrio tra le contraddizioni e la luminosità di un’epoca privata e insieme collettiva che non si dimentica. Due autori che sono i perfetti interpreti del romanzo cosiddetto borghese, eredi di una tradizione letteraria novecentesca che, da Alberto Moravia fino ad oggi, si è concentrata sul mondo dei vizi segreti e delle virtù pubbliche di un preciso ceto sociale creando un rapporto dialettico e intenso. In un modo diverso, ovviamente, e con una sensibilità differente. Il risultato è un chiaroscuro di riflessioni che, più o meno esplicitamente, disegnano l’anima di romanzi il cui stile, che si muove tra piccoli fatti e relazioni intense, costella di dettagli vivi la narrazione e presta un’attenzione in più a personaggi di età matura ma dal cuore sempre giovane.
“Un’indicibile tenerezza” di Giorgio Montefoschi
Pietro Navarra ha terminato il suo ennesimo romanzo ma, questa volta, non è per nulla convinto della bontà del suo lavoro: lo rilegge ma trova solo difetti in quel manoscritto che, invece, il suo editore e amico Mario Gotti vorrebbe fargli pubblicare a tutti i costi. Per questa ragione lo raggiunge a Roma da Milano e gli presenta una giovane editor, Paola Frontali, che sarebbe entusiasta di poter lavorare gomito a gomito con lui.
Ma l’inquietudine del romanziere sessantaseienne, lungi dal placarsi, non fa che accrescere e viene contenuta a stento dalla normale routine alla quale è abituato da anni. La relazione con Sabina, con la quale condivide piacevoli momenti non disturbati dalla convivenza, e l’affetto della di lei figlia Annalisa, alla quale è legato da un sentimento paterno, non sono sufficienti. Pietro, abile burattinaio di personaggi che, sulla carta, mettono l’amore al centro di tutto, si ritrova tra le mani un nuovo, insperato sentimento per Paola, un’infatuazione che mette in fibrillazione il suo corpo e la sua anima e che si staglia tiranna contro il richiamo seducente della tranquillità, della quotidianità scandita dalle solite, piccole cose, dalla lentezza di un rapporto senile nelle modalità ma non per il cuore insofferente dell’uomo.
Settembre è un mese difficile. A Roma più che altrove. L’estate prosegue implacabile, nonostante qualche isolata burrasca, trascinandosi dietro rimpianti, immagini già sbiadite; ricominciare costa fatica; le giornate si accorciano; la tentazione di cambiare vita, fuggire, in certi momenti diventa struggente.
Tra libri e gite al mare, partite a tennis e generose bevute di vino e whisky, passeggiate e rincorse forsennate tra mare e città, si staglia l’infinita bellezza di Roma, cornice e silente protagonista di una struggente malinconia, che cammina insieme al narratore in una fotografia in movimento che amplifica il sentire di Pietro. Il suo (ultimo?) giro di giostra diventa l’ennesimo tributo all’amore da parte di Giorgio Montefoschi, puntuale cantore di tutte le sue variabili, letterarie e non, maestro nel puntellarne l’evoluzione attraverso un uso sapiente dei dialoghi, estremamente naturali ed efficaci per allontanare il silenzio, e scelti come amplificatori dei frammenti, pulsanti, delle vite dei suoi personaggi.
“Il cielo su via Padova” di Daria Colombo
Può una periferia cittadina, dolente e complessa, raccontare la rinascita di una donna e, in qualche modo, accompagnarla? La risposta è affermativa se a guidare questo risveglio è la penna di una scrittrice da sempre capace di unire l’impegno letterario a quello sociale e civile esplorando temi come la solidarietà, l’inclusione e la lotta ai pregiudizi in un impianto narrativo che conquista e, ancora una volta, fa pensare. Per farlo, Daria Colombo si affida a Letizia, un’insegnante poco più che cinquantenne, in procinto di reinventarsi un’esistenza nel quartiere più multietnico e malfamato di Milano, quello che si sviluppa intorno a via Padova, dopo che la sua vita borghese apparentemente perfetta è andata in frantumi a causa del tradimento del marito Massimo.
Sono soltanto una vecchia ragazza stanca che pensava di poter controllare ogni cosa e che invece ha perso tutto.
Ecco che il suo attico di Porta Venezia, con la sua terrazza ricca di piante, le diventa insopportabile quasi quanto il ricordo della felicità passata e, sfidando tutto e tutti, Letizia decide di affittare un modesto bilocale in via Padova, ritenuta all’unanimità una zona degradata e pericolosa. Sarà davvero così? É l’anima delle persone prima ancora che quella dei luoghi a fare la differenza nel percorso di integrazione al contrario di una donna che, alla disperata ricerca di sé stessa, potrà beneficiare di uno sguardo nuovo, più potente sulla realtà. Fino a scoprire che il mio posto è dove tutta questa luce si attenua e dove la vita si mostra nuda e cruda.
Così, mentre quello sguardo sulla città cambia, cambia anche la donna che lo fa, ampliando la riflessione di Daria Colombo dalla forza al femminile e dalla sua invincibile capacità di adattamento (a ogni età) a un invito a fare della conoscenza e del dialogo le vere leve per ricominciare, ancora e sempre, a vivere davvero in modo più autentico.
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